“Cosa vuoi?”/ “What do you want?”: Jacques Lacan on desire
McKeever / 15 Gennaio 2021

            In the mouth or under the pen of Jacques Lacan the simple question “cosa vuoi?” becomes a bomb. The bomb is intended, as so often in his case, to explode our illusions about ourselves. In what follows I wish to share with the reader a few, almost arbitrary, reflections on this simple but potent weapon.             A first line of reflection concerns the use of the Italian language. Lacan was very theatrical, indeed histrionic, in his therapeutic and didactical styles. Switching for two words out of French into Italian, whether written or spoken, certainly would have had a certain dramatic effect. Pronounced with the strong intonation of a question in Italian and accompanied by an insistent hand gesture, this question immediately puts the interlocutor under psychological pressure on various fronts. The two most obvious of these concern the two words of which the question is composed.             “Cosa”, or better still “Cosa?”, in the context of Lacan’s thought, is an extremely loaded term, loaded like a gun. The word succinctly poses questions and insinuates judgements. The first question is: “Do you know what you want?” or “Do you really think what you want is…

L’etica al tempo del Coronavirus
DelMissier , Massaro / 13 Marzo 2020

  “Come comportarsi nel tempo dell’emergenza da Coronavirus? Alcune norme morali da osservare con senso di responsabilità.” L’emergenza del Covid-19 sta mettendo duramente alla prova il nostro Paese e numerose altre nazioni, impreparati davanti a un’epidemia inattesa e di così rapida diffusione. Stanno cambiando le nostre abitudini, in virtù di un appello alla responsabilità che sta limitando molte delle nostre attività quotidiane e delle nostre relazioni. Anche l’etica viene interpellata per offrire delle risposte o iniziare ad avviare processi dinanzi a questa situazione emergenziale. Informazione Una delle esigenze fondamentali al diffondersi di una nuova epidemia è quella di un’informazione chiara, univoca e scientificamente fondata, offerta da fonti autorevoli. Ciò contribuisce a evitare reazioni inconsulte di panico, infondendo consapevolezza, ragionevolezza e moderazione nell’opinione pubblica che è solita reagire in termini emotivi e irrazionali. L’informazione deve accompagnare costantemente le misure preventive o restrittive assunte dalle pubbliche autorità per motivare l’osservanza delle disposizioni (compliance) e motivare i cittadini sull’efficacia dei sacrifici richiesti. Si richiede una collaborazione dei mezzi di comunicazione in vista del bene comune, mettendo in secondo piano il sensazionalismo e la ricerca dello scoop per contribuire a un clima consapevole dei rischi, ma sereno e fiducioso. Ciò non significa annullare il…

«Anche quelli contro il creato sono peccati da confessare» dice Francesco
DelMissier / 24 Maggio 2019

  «Anche quelli contro il creato sono peccati da confessare» dice Francesco Sabato 9 febbraio 2019 l’Accademia Alfonsiana (Roma) ha celebrato il 70° anniversario della sua fondazione, come istituto universitario voluto dai Redentoristi per preparare docenti di teologia morale (ad oggi più di 5.000) sensibili alla misericordia pastorale di S. Alfonso. In tale occasione, papa Francesco ha concesso una speciale udienza ai Superiori, agli insegnanti e agli studenti, durante la quale ha pronunciato un interessante discorso, la parte più “insolita” del quale si è soffermata sulle questioni di bioetica ecologica. Tra le sfide emergenti che la teologia alfonsiana deve affrontare vi è «il grido della terra, violentata e ferita in mille modi dallo sfruttamento egoistico. La dimensione ecologica è una componente imprescindibile della responsabilità di ogni persona e di ogni nazione. Mi fa riflettere il fatto che quando amministro la Riconciliazione – anche prima, quando lo facevo – raramente qualcuno si accusa di aver fatto violenza alla natura, alla terra, al creato. Non abbiamo ancora coscienza di questo peccato. È compito vostro farlo. La teologia morale deve fare propria l’urgenza di partecipare in maniera convinta a un comune sforzo per la cura della casa comune mediante vie praticabili di sviluppo…

How does the Bible help us to think about migration?
McKeever / 17 Maggio 2019

How does the Bible help us to think about migration? The relationship between the Bible and morality is notoriously complex (see the document of the Pontifical Biblical Commission, The Bible and Morality, 2008). Looking to the Scripture for enlightenment and guidance on any moral issue requires prudence, intellectual honesty and humility. All of this is true in a particular way concerning the contemporary question of migration because it is such a sensitive and controversial issue. In this brief reflection we will consider just one biblical text, perhaps the most important verse in the Bible on this question: “The stranger who resides with you shall be to you as one of your citizens; you shall love him as yourself, for you were strangers in the land of Egypt: I the Lord am your God” (Leviticus, 19,34). The verse can be broken down into three parts: a moral obligation concerning the treatment of strangers, the historical fact that the people of Israel were once strangers and the assertion by God of his authority over his people. The key word linking these three parts is the word “for”. Taken literally, this term expresses the idea that one assertion follows logically from another, but…

L’essere umano, esistente concreto, è l’assoluto morale della Bioetica
Kowalski / 5 Aprile 2019

  L’essere umano, esistente concreto, è l’assoluto morale della Bioetica L’attuale crisi economica globale mostra indubbiamente a che cosa possa aggiungere l’economia senza l’etica e la coscienza. Nel dibattito pubblico sui temi salienti della biomedicina e biotecnologia si osserva anche una sbrigativa espulsione dell’etica in nome di un assunto, noto come “imperativo tecnologico”, per il quale si darebbe una perfetta coincidenza tra la mera fattibilità tecnica e la liceità morale. In tal modo, molti economisti e politici, hanno dimenticato che soggetto di ogni attività umana è sempre l’uomo stesso. L’attività biomedica non si svolge per il bene dell’uomo in generale o per l’umanità ma per il bene del paziente – la persona sofferente. Il paziente è quest’uomo, questa donna concreta che ho qui, ora, davanti a me. È questa persona che soffre o che sta per nascere e ha bisogno della cura di un altro uomo. Il medico non è uno che sacrifica alcuni per il bene degli altri o per la scienza o per il futuro della specie umana, ma si pone al servizio delle singole persone. Similmente alla società che è per l’uomo e non l’uomo per la società, così la tecno-scienza è per l’uomo e non l’uomo…